IL CYBERPUNK MONOPOLIZZERÀ LA LETTERATURA

IL CYBERPUNK MONOPOLIZZERÀ LA LETTERATURA

Immagine di copertina presa da Wikimedia Commons, pertanto di dominio pubblico.

Cos’è il “cyberpunk”? Nulla a che vedere con gli abbigliamenti “alternativi”.

Le linee editoriali variano a seconda delle “logiche di mercato”, a loro volta influenzate dai gusti dei lettori, i quali potrebbero accogliere di buon grado il pensionamento del solito detective dall’animo travagliato alle prese col caso apparentemente irrisolvibile. Pertanto nei prossimi mesi un cambio radicale a livello delle tematiche potrebbe premiare nuovi autori abbastanza ambiziosi da cimentarsi nello studio di questo genere poco sviluppato a causa della complessità di argomenti, stili, oltre che della richiesta di una determinata capacità espressiva da parte di chi scrive.

Immagine presa da Wikimedia Commons, pertanto di dominio pubblico.

Nato all’inizio degli anni ’80, il cyberpunk è una corrente della fantascienza distopica, per la quale il futuro è narrato attraverso una prospettiva cupa, pessimistica, oppressiva, in cui il progresso tecnologico diventa una parte integrante dell’esistenza umana, ma senza migliorarne la qualità della vita, bensì per amplificarne i vizi. Non si avvicina dunque all’utopia evoluzionistica dettata da positivismo di inizio novecento, convinto, o illuso, le macchine avrebbero migliorato l’umanità. Potremmo quindi definire il cyberpunk “un realismo un po’ troppo reale”. I principali capostipiti di questa corrente “innovativa” sono autori quali: H. G. Wells, Jules Verne, Arthur Conan Doyle, Bruce Sterling, Wiliam Gibson e pochi altri.

Nella cultura di massa, il cyberpunk ha ispirato successi come “Bladerunner”, “Wild Wild West” e “Il Neuromante”.

Opera di David Revoy, sotto licenza CC 4.0

A portare il cyberpunk in letteratura fu William Gibson, con “Il Neuromante”, capolavoro in cui le disuguaglianze sociali sono il filo conduttore di una trama giocata tutta sull’intelligenza artificiale, la connessione informatica, gli effetti di quest’ultima sulla vite biologiche degli esseri umani, legati in un universo chiamato “cyberspazio”: un luogo a cui tutti possono accedere, rubare o modificare informazioni. Sebbene sia stato scritto nel 1984, questo capolavoro ci sembra ancora attualissimo quando oggigiorno parliamo di “metaverso”.

Il primo pilastro cinematografico del cyberpunk è Bladerunner (1982), in cui si indagava il confine esistenziale tra vita organica e vita sintetica, per poi porre l’interrogativo su chi fosse davvero vivo. Il protagonista, un detective tormentato costretto ad immergersi in una Los Angeles distopica, dove i ricchi vivono in giganteschi grattacieli mentre il resto della popolazione muore nei tetri bassifondi, luoghi di indigenza dove cade costantemente una pioggia velenosa, il sole non raggiunge mai le strade, le uniche fonti di luce sono i neon, i riflettori, i cartelloni pubblicitari, in un’ambientazione in cui nulla è veramente vivo. Una feroce critica al capitalismo sfrenato, in cui chi ha il potere ne ottiene ancora di più a discapito di chi ha poco, il quale si ritrova ben presto ancora meno, è il tema centrale della pellicola. Sia chiaro, questo non vuol significa come il genere cyberpunk sia una corrente letteraria “comunista”, o “marxista”, semplicemente immagina quanto di peggio potrebbe accadere, perché le tematiche di ogni corrente letteraria si evolvono assieme ai problemi della società, secondo l’originale formula strutturale di “ipotizzare il passato come se il futuro fosse avvenuto prima”.

Altri esempi sono i film “Wild Wild West” (1999) con un giovanissimo Will Smith, dove c’è uno scenario futuristico in un’epoca western, “Van Helsing” (2004), con Hugh Jackman, ispirato al Dracula di Brian Stocker, “Hellboy” (2004-2008-2019), “The Prestige” (2006), storia di due illusionisti con Christian Bale, tanti altri tra i quali è doveroso citare sempreverde “Matrix”, la cui trama è ormai di dominio pubblico: una guerra ha distrutto il pianeta, le macchine ci costringono a vivere in una simulazione, la realtà virtuale è obbligatoria, ci tiene in vita, è l’unico senso dell’esistenza.

Le tematiche trattate si evolvono col mutare della società, infatti mentre il cyberpunk occidentale si concentra su capitalismo, in oriente gli argomenti riguardano principalmente il traumatico passato giapponese, raccontato attraverso la perdita dei valori, nonché dell’identità popolare di una realtà fortemente conservatrice, a seguito dei quali i simboli della cultura tradizionale vengono maltrattati da un nuovo sistema economico, o strumentalizzati da fanatici religiosi. A tal proposito vi consiglio di vedere sia “Akira” (1988) sia “Ghost in the Shell”, quest’ultimo è un capolavoro di animazione realizzato dal genio di Mamuro Oshii nel 1995, incentrato il rapporto tra anima e tecnologia.

Dunque il cyberpunk non è solo estetica, macchine volanti, ragazze punk, anzi, forse non è nessuna di queste particolarità. Ogni volta in cui questo genere è stato trattato, per quanto difficile da sviluppare, ha riscosso un grande seguito, nonché un enorme apprezzamento dalla critica, il recente successo riscosso da “Arcane” è solo la prova più recente delle considerazioni di questo articolo.

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