L’autrice Chiara Domeniconi racconta nel suo ultimo libro “Come un chiodo nella carne” edizioni Argentodorato la vera storia di una ragazza anoressica e bulimica. Un libro che descrive senza sconti, senza parsimonia, gli angoli – anche quelli più crudi, scandalosi – di una vita dilaniata. Nel cibo, e nella negazione del cibo, nell’autolesionismo e nei complessi rapporti famigliari, la protagonista, Sara, cerca se stessa morbosamente.
Un libro da leggere a qualsiasi età, un libro che induce a chiedersi perché reagiamo in un modo così ostile verso noi stessi…
Chiara Domeniconi “Come un chiodo nella carne” nelle prime pagine del libro scrivi:
“…amava comandare con gli occhi, come i militari. Forse la rotella difettosa di mio padre stava nella sensibilità, un sentimento del tutto estraneo a mio nonno, come qualsiasi altro sentimento d’altronde..”
Una descrizione di due figure maschili molto forti rendono il libro potente, i protagonisti di cui parli, sono esattamente così o qualcosa ad oggi rispetto a quando lo hai scritto la cambiaresti?
Invecchiando ci si ammorbidisce ma quello è quello che ho vissuto allora e quello che vivevo. E se ripercorro con l’anima indietro in quegli anni, quelle sono e rimangono le sensazioni. Non cambierei nulla.
La tua scrittura è realizzata di istinto come si dice “di pancia” o si sviluppa in diversi momenti?
In diversi momenti, un primo di pancia, di stomaco ma raramente, a parte la correzione grammaticale e logica, nel dopo razionale qualcosa viene cambiato.
A pag 7 scrivi: “Le parole vanno usate con parsimonia, con prudenza, altrimenti voleranno subito in cielo, come palloncini” Credi che le stesse parole hanno colpito la protagonista del libro siano le stesse da cui ha tratto forza per reagire o avrebbe preferito ricevere parole leggere e colorate come palloncini?
Avrei preferito ricevere parole forti ma di verità, come sulla morte di mio padre. Di amore vero e non freddezza. No, non leggerezza. Comunque quella forza, nel bene e/o nel male mi ha forgiato, quella che sono adesso.
A pag 9 parli di Sara Turchesi e di suo padre, in che modo centra il destino relativamente agli eventi che descrivi e in che percentuale invece Sara avrebbe potuto evitare certe situazioni?
Sara è descritta come un libro vivente il cui corpo non lascia spazio ad episodi felici, anzi tutt’altro che felici…cosa vorresti dire a chi ha avuto dei tormenti come i suoi ?
PAg 22 “Mille sfumature nella voce maschile e della personalità maschile che si fissavano dentro di me giorno dopo giorno mi inducevano a credere che il mondo appartenesse agli uomini e che le donne ne costituissero solo elementi decorativi”
Una frase molto forte, è ancora così?…
Pag 29 ”fu in quel periodo che diventai bulimica…” un altro tema molto forte che la protagonista, Sara, vive male. La bulimia ti sceglie o sei tu a sceglierla? Credi che oggi in Italia si faccia abbastanza prevenzione in questa direzione o ci sono degli aspetti di cui non si parla?
Inoltre descrivi una famiglia che giudica e disprezza chi non è laureato, chi non ha un certo tipo di cultura, in questo caso la madre di Sara “Il disprezzo strisciava negli atteggiamenti, negli sguardi che le rivolgevano, nel tono di voce che usavano con lei”. Credi che certi stereotipi siano ancora all’ordine del giorno? Ci sono speranze che la società si possa evolvere dal tuo punto di vista?
Nel capitolo “tette e peli” descrivi la protagonista in tutta la sua forza di adolescente e dei suoi approcci verso il mondo maschile e le amicizie del liceo….parli di finte amicizie, del saper restare nel giro…Dove trova Sara questa forza per “restare a galla”? E come può una ragazza “brava a scuola” e capace nella vita da volersi così male da scegliere la bulimia?
Può perchè i disturbi alimentari sono una malattia come il cancro. Si tiene a galla perché nonostante per trent’anni non…sembra non voglia guarire, dentro di lei sa già che lo farà prima o poi. Ha la carta da giocare, il “suo” momento giusto. Lo giocherà al momento giusto. Quando vorrà volerlo. Solo così si riesce a guarire.
A pag 41 scrivi” Volevo la felicità ma non ne conoscevo la strada d’accesso….La bellezza non serve a niente se non la trasporti dentro l’anima” una tra le frasi del libro che io adoro…è questa la forza di Sara? Il saper guardare la propria anima dopo un lungo percorso?
Sì. Saper vedere che tutto può essere ancora bello, anche lei. O meglio, che lo è sempre stata, anche per suo padre. Che la vita è bella anche col dolore. Che la strada per la felicità non è detto sia la felicità e, appunto, la bellezza o la vita bella.
A pag 46 parli della distruzione…”La realtà? Non avevo potere su dime, sui miei pensieri, sulla vita degli altri. Cosa potevo controllare se non la mia distruzione?” Ecco…cosa rende impossibile per Sara avere una visione positiva della vita, il potere di essere felici? La famiglia, la morte del padre, mancanza di punti di riferimento…?
La paura di essere felici nonostante tutto. Nonostante la morte del padre, una madre e una famiglia non perfetta. Una se stessa non perfetta. Pensava di far dispetto a suo padre a ridere dopo la sua morte….L’unica a renderglielo impossibile era lei.
Sara e la madre: un rapporto disfunzionale o un amore troppo grande per essere spiegato?
Legati da eventi grandi, tragici, a doppia mandata. Anche la madre di Sara, ultima di sette fatelli, aveva perso il padre dopo una lunga malattia. Una madre forse con un po’ la sindrome della crocerossina non tanto abile anche lei a badare a se stessa. “Disfunzioni” che hanno fatto ognuna la loro parte. Oltre a un amore troppo grande per essere spiegato.
Sara e la consapevolezza…“se ti adagi sulla consapevolezza le cose mica cambiano” scrivi a pag 72…Cosa intendi dire precisamente, quale messaggio vuoi trasmettere?
Arrivati alla consapevolezza uno può crollare, anche uccidersi come fece mio padre, consapevole del disastro economico e personale e di quanto avrebbe dovuto turarsi su le maniche e sgobbare. Umiliazioni, come parlavamo prima, fallimenti. Tabù, stereotipi sociali. Alla consapevolezza è il punto in cui bisogna essere più forti e, paradosso, più consapevoli che lì, inizia il lavoro grosso. Di pulizia, chiarezza, radere al suolo anche, buttare via, ricominciare. Il lavoro più grosso e faticoso è dopo la consapevolezza e la consapevolezza stessa se la si supera, se ne si supera la paura, lo shock.